Apertura con la bambola assassina Chucky e il trash director Andrea Marfori per il XXXVII Fantafestival

A quasi quattro decenni di distanza da quella lontana, prima edizione datata 1981, il Fantafestival di Roma – Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico è tornato per la trentasettresima volta a far battere le ali di pellicola del suo mitico pipistrello nel cielo della Città eterna il 22 Novembre 2017, sfruttando come location la Multisala Savoy, già in più di una occasione teatro dell’evento negli anni passati.

In primissima assoluta mondiale, è spettato al canadese Scarecrows di Stuart Stone – attore, tra l’altro, in Donnie Darko e Radio killer – aprire le danze con la vicenda di due ragazzi e due ragazze che, sperduti in immensi campi di grano, finiscono uno dopo l’altro nelle mani di un imponente redneck psicopatico proto-Wolf creek abituato a trasformare in spaventapasseri chiunque attraversi il suo territorio.
Uno slasher in piena regola confezionato in maniera professionale tra i giovani esclusivamente impegnati a pensare al sesso e l’omicida che non manca di cucire bocche ed inchiodare mani; nel corso di una escalation di violenza destinata ad approdare ad un epilogo del tutto privo di speranza.

E, superata la classica maratona pomeridiana di cortometraggi, sanguinolenti squartamenti e arti mozzati non sono mancati neppure in K-Shop dell’esordiente londinese Dan Pringle, macabra vicenda di kebab a base di carne umana eccessivamente dilatata (quasi due ore) e che, immersa nel degrado sociale, avrebbe fatto centro se si fosse accontentata di rimanere dalle parti della gorissima operazione malata alla Herschell Gordon Lewis che sembrava in partenza.

Mentre la cerimonia serale d’apertura è stata accompagnata da Il culto di Chucky di Don Mancini, settimo capitolo della serie incentrata sulla bambola assassina più famosa della celluloide e che, con il ritorno dell’ormai adulto e armato protagonista del capostipite Andy Barclay alias Alex Vincent, s’immerge tra le pareti di un ospedale psichiatrico per inscenare – con una nuova trovata di sceneggiatura atta a far aumentare il numero dei pupazzi coinvolti – la mattanza più esagerata dell’intero franchise, in mezzo a crani sfondati e penetranti trapani pronti per l’uso.

Prima della conclusione all’insegna del trash, nel corso della quale, affiancato dalla sceneggiatrice Paola Mingoni, Andrea Marfori, regista del cult dell’inguardabile Il bosco 1 – zombie movie del 1988 spesso menzionato tra gli elaborati brutti ma divertenti della cinematografia italiana – ha presentato in sala i suoi ultimi due lavori: Soviet zombie invasion e The unfortunate life of Georgina Spelvin chained to a radiator. Short di diciassette minuti che, come suggerito dal titolo, riguarda unicamente una donna denudata (la Erika Kamese di Violent shit: The movie) e incatenata ad un termosifone per subire torture fisiche e psicologiche, quest’ultimo gioca del tutto sulla morbosità; a differenza del primo, ideale pilot di tre quarti d’ora di una serie televisiva di produzione russa che forse si realizzerà e in cui il cineasta conferma il suo marchio di fabbrica di dispensatore di spazzatura in fotogrammi. Perché, con notevole velocità, trucchi carnevaleschi e la folle idea di poter sfuggire ai morti viventi mascherandosi alla loro maniera (!!!), scorre via l’odissea di un gruppo di persone incappate in un nosocomio abbandonato invaso, appunto, dalle salme sbrana-umani. Nella sola attesa di vedere concretizzato l’annunciato Il bosco 2, considerando che il prossimo anno si celebrerà il trentennale dell’anteprima stampa fantafestivaliera del primo episodio.  

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